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Obbligo Formazione

Chiarimenti sull’obbligo di informazione, formazione ed addestramento

Le responsabilità del datore di lavoro che in caso di infortunio sia venuto meno ai doveri di formazione ed informazione del lavoratore

La formazione dei lavoratori, preposti, dirigenti, lavoratori autonomi ed addetti alle emergenze

 

La Cassazione ha affermato che “l’applicazione delle misure di prevenzione degli infortuni sul lavoro sottendono….allo scopo di evitare che l’errore umano, possibile, e quindi prevedibile, influente su una condotta lavorativa diversa da quella corretta, ma pur sempre posta in essere nel contesto lavorativo, possa determinare il verificarsi di un infortunio. Se tutti i dipendenti fossero sempre diligenti, esperti e periti non sarebbe necessario dotare i luoghi di lavoro e le macchine di sistemi di protezione” (Corte di Cassazione – sezione penale IV – 7 giugno 2010 nr.21511). E se tutti fossero sempre diligenti, esperti e periti non sarebbe neanche necessario informare, formare, addestrare, con aggiornamenti periodici, i lavoratori, ma anche i preposti ed i dirigenti.

Ma così non è: non tutti sono diligenti-esperti-periti e anche chi lo è ha la tendenza a sottovalutare l’importanza dell’attenzione ininterrotta alla sicurezza e all’igiene del lavoro. Diventa dunque obbligatorio, nonché fondamentale, garantire a tutti i lavoratori, ma anche ai dirigenti e ai preposti, una formazione adeguata ed idonea.

In tal senso l’art. 37 del d.lgs 81/2008 (formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti) rappresenta gli obblighi fondamentali in materia, sanzionando come reati contravvenzionali (penali) i commi che definiscono i capisaldi dell’obbligo formativo:

1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:

a) concetti di rischio,danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza
b) rischi riferiti alle mansionie e ai possibili danni ed alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda (sanzione per la violazione: arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.200€ a 5.200€ il datore di lavoro – dirigente)

2. La durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione di cui al comma 1 sono stati definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.

3. Il datore di lavoro assicura,altresì, che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del presente decreto successivi al I. Ferme restando le disposizioni già in vigore in materia, la formazione di cui al periodo che precede è definita mediante l’accordo di cui al comma 2.

4. La formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico, devono avvenire in occasione:

 

  • della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro
  • del trasferimento o cambiamento di mansioni
  • della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze o preparati pericolosi


5. L’addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro

6. La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi o dell’insorgenza di nuovi rischi

7. I dirigenti e i preposti ricevono, a cura del datore di lavoro, un’adeguata e specifica formazione ed un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro. I contenuti della formazione di cui al presente comma comprendono:

 

  • principali soggetti coinvolti e relativi obblighi
  • definizione ed inviduazione dei fattori di rischio
  • valutazione dei rischi
  • individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione


(sanzione per la violazione: arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.200€ a 5.200€ di ammenda)

7 bis. La formazione di cui al comma 7 può essere effettuata anche presso gli organismi paritetici di cui all’articolo 51 o le scuole edili, ove esistenti, o presso le associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori

8. I soggetti di cui all’art.21, comma 1, possono avvalersi dei percorsi formativi appositamente definiti, tramite l’accordo di cui al comma 2, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano

9. I lavoratori incaricati dell’attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza, devono ricevere un’adeguata e specifica formazione ed un aggiornamento periodico; in attesa dell’emanazione delle disposizioni di cui al comma 3 dell’art.46, continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’interno in data 10 marzo 1998, pubblicato nel S.O. alla G.U. nr.81 del 7 aprile 1998, attuativo dell’art.13 del decreto legislativo 19 settembre 1994, nr.626.

(sanzione per la violazione: arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.200€ a 5.200€ di ammenda per il datore di lavoro/dirigente)

(…) 12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori

Si noti che il comma 12 ovviamente non è sanzionato penalmente, trattandosi di materia che riguarda obblighi di natura patrimoniale-contrattuale, dunque civilistica. Ma non e’ certo ininfluente il caso in cui, ad esempio, un datore di lavoro decida inopinatamente di effettuare la formazione dei lavoratori, o preposto, o dirigente, senza retribuirgli il tempo dedicato a tale attività: difatti in tal caso il dipendente potrà agire in sede giudiziale e civile e proprio ai sensi dell’art. 37 comma 12 del d.lgs. 81/08, potrà chiedere il rimborso del costo della formazione dovuto alla mancata retribuzione del tempo dedicato alla stessa nonché gli interessi e la rivalutazione degli importi così determinati.

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Il d.lgs. 81/08 pone in effetti al centro della strategia prevenzionistica l’obbligo formativo, informativo e di addestramento (ove necessario, in conformità dei pertinenti aspetti del documento di valutazione dei rischi di cui all’art. 28 comma 2 lettere b,d,e,f,  e 29 del d.lgs.81/08): si vedano gli articoli 18 comma 1 lett. l, 36,37,28 comma 2 lett. e,f.

Il d.lgs 106/09 ha potenziato tali obblighi in modo incisivo, definendone analiticamente i contenuti e modalità ed individuando negli accordi Stato-Regioni lo strumento di attuazione completa del dettato normativo.

Nello specifico, le modalità della formazione, i contenuti minimi e la durata dei corsi sono appunto stabiliti dalla Conferenza Stato-Regioni entro 12 mesi dall’entrata in vigore del d.lgs. 81/08 . Il testo dell’accordo è stato prima definito in sede tecnica e poi approvato in sede politica in data 21.12.2011.

Per i lavoratori, la formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico, devono avvenire in occasione:

 

  • della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro
  • del trasferimento o cambiamento di mansioni
  • della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze o preparati pericolosi


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Vediamo alcuni capisaldi dell’art. 37 del decreto 81/08.

Obbligatorietà della verifica del livello di apprendimento per tutti i soggetti da formare, a cominciare dai lavoratori (art.37 comma 1 secondo il quale la formazione deve essere “sufficiente ed adeguata” al fine di “trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili all’acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda ed alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi” (art.2 comma 1 lett. aa d.lgs. 81/08), e questa adeguatezza è impossibile da provare in mancanza di verifica dell’apprendimento), passando per i preposti e dirigenti (art. 37 comma 7 che prescrive che anche essi ricevano “un’adeguata e specifica formazione ed un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti”, e vale qui lo stesso discorso fatto in precedenza per i lavoratori), fino agli RLS (art.37 comma 11).

la formazione per gli RLS deve avere al proprio interno 12 delle 32 ore previste dedicate ai “rischi specifici” dell’azienda nella quale svolgono la loro fondamentale funzione di rappresentanza nel diritto alla sicurezza e alla salute dei lavoratori: si tratta di un obbligo minimo inderogabile sottratto alla contrattazione collettiva e se non rispettato tale da invalidare la formazione del RLS, con conseguente sanzione a carico del datore di lavoro.

Per gli RLS è previsto l’obbligo datoriale di far loro affrontare un aggiornamento periodico annuale della formazione, che trova la sua disciplina di dettaglio nei contratti collettivi, (se gli stessi sono carenti si farà la formazione in aggiornamento a prescindere dalla contrattazione collettiva): per le aziende che hanno meno di 15 dipendenti non è prevista una durata minima del corso di aggiornamento, che quindi ragionevolmente può spaziare dall’1 alle 4 ore, ed è invece non di meno di 4 ore per le imprese che occupano tra i 15 e 50 lavoratori, e non di meno di 8 ore per le imprese con più di 50 dipendenti.

L’art. 37 del d.lgs. 81/08 prevede, ed auspica, la registrazione nel libretto formativo del cittadino delle competenze acquisite a seguito dell’attività di formazione. Tuttavia il legislatore, prendendo atto che la previsione normativa del libretto non si è concretamente realizzata a livello nazionale (fatti salvi sporadici tentativi locali, che mettono ancor più in evidenza il colpevole ritardo istituzionale nell’adottare un documento che sarebbe di grande utilità per le imprese che assumono personale magari già formato ma privo di attestazione), con il d.lgs 106/09 ha modificato l’art. 37 comma 12, precisando che l’obbligo di registrazione sul libretto opera “se concretamente disponibile in quanto attivato nel rispetto delle vigenti disposizioni”.

In relazione al particolare ruolo di rilevanza rivestito, per il preposto (il garante del controllo sull’esecuzione in sicurezza del lavoro, persona che sovrintende all’attività lavorativa, controlla che avvengono nel rispetto delle disposizioni aziendali e garantisce la direttiva delle disposizioni ricevute) e per il dirigente (che è il garante organizzativo della sicurezza in azienda) è prevista una formazione, specifica e periodicamente aggiornata, non più solo in azienda come iniazialmente previsto dal d.lgs. 81/08 ma anche fuori azienda (il d.lgs 106/09 ha eliminato l’inciso inizialmente contenuto nell’art. 37 comma 7 del d.lgs. 81/08 per il quale la formazione dei preposti, e dei dirigenti, poteva venire solo in azienda) in materia di:

  • principali soggetti coinvolti e relativi obblighi
  • definizione ed individuazione dei fattori di rischio
  • valutazione dei rischi
  • individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione (art. 37 comma 7 del d.lgs. 81/08 come modificato dal d.lgs. 106/09)

 

L’accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 sulla formazione definisce i contenuti e le attività formative in modo inderogabile, ed è stato meglio definito a livello applicativo dal successivo accordo interpretativo del 25 luglio 2012.

collaboratori familiari ed i lavoratori autonomi hanno la facoltà con oneri a proprio carico, in base all’art. 21 d.lgs. 81/08, di fruire della formazione in materia di sicurezza (e di sottoporsi alla sorveglianza sanitaria) ed in tal senso gli accordi citati li includono nei soggetti beneficiari di tale formazione. Non e’ inutile sottolineare che il committente il quale incautamente affida lavori, servizi, forniture a soggetti esterni privi di formazione (e di sorveglianza sanitaria) si assume rilevanti responsabilità, e deve inoltre descrivere la circrostanza nei documenti aziendali di valutazione dei rischi, ovverto il DVR o il DUVRI. Meglio è perciò evitare ingresso in azienda a lavoratori autonomi ed imprese familiari privi di formazione e sorveglianza sanitaria.

Inoltre merita particolare attenzione il seguente illuminante documento.
La verifica degli autonomi secondo la Procura della Repubblica di Torino: “Verifica dell’idoneità tecnico-professionale dei lavoratori autonomi nell’ambito del titolo IV del d.lgs 81/08 (art.90, comma 9).

Le modifiche introdotte dal d.lgs 106/09 all’allegato XVII (del d.lgs. 81/08) che indica tra i documenti da esibire da parte del lavoratore autonomo “gli attestati inerenti la propria formazione e la relativa idoneità sanitaria ove espressamente previsti dal presente decreto legislativo” non cambiano gli obblighi del committente (o del responsabile dei lavori).
Quindi: se da un lato la sorveglianza sanitaria , e la partecipazione ai corsi di formazione, costituisce una facoltà del lavoratore autonomo (art.21 d.lgs. 81/08), dall’altro il tenore dell’Allegato XVII porta a ritenere vincolante l’esibizione della relativa documentazione al committente ai fini della verifica dell’idoneità tecnico-professionale.
Con la conseguenza che un lavoratore autonomo può anche non sottoporsi a sorveglianza sanitaria e non partecipare a corsi di formazione, ma in tal caso un committente di lavori edili o di ingegneria civile non può legittimamente affidargli tali lavori.
A tale proposito il dott. Guariniello osserva come le più recenti pronunce della Corte di Cassazione si rivolgono con particolare attenzione agli obblighi di verifica dell’idoneità tecnico-professionale delle imprese affidataria, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi posti a carico del committente (o del responsabile dei lavori) e di conseguenza c’è la necessità che “gli organi di vigilanza indaghino su questi aspetti in particolare nei casi di infortuni sul lavoro” (Verbale della riunione tenutasi presso la Procura della Repubblica di Torino in data 18/12/2009).

Provvisoriamente rimane in vigore il D.M. 10 marzo 1998 per gli addetti antincendio,in attesa che l’accordo Stato-Regioni stabilisca i nuovi criteri per la formazione e l’aggiornamento degli addetti alle emergenze.
Nel frattempo restano in vigore i precedenti obblighi formativi così come definiti dal citato D.M.,fatta salva la novità immediatamente operativa dell’aggiornamento periodico, che in ossequio al principio di analogia (art.12 D.P. al codice civile) potrebbe essere almeno triennale, come previsto nel D.M. 388/2003 per gli addetti al primo soccorso , ed eventualmente con 8 o 6 ore di formazione per il rischio alto.
La circolare del Ministero degli Interni Dipartimento Vigili del Fuoco 23.02.2011 ha definito durata (2-5-8 ore a seconda se l’attività è a rischio basso,medio, alto) ed i contenuti di detto aggiornamento antincendio.

Richiamando la propria giurisprudenza, la Suprema Corte ha affermato che “in tema di prevenzione di infortuni, il datore di lavoro deve controllare che siano osservate le disposizioni di legge e quelle, eventualmente in aggiunta, impartite (al lavoratore); ne consegue che, nell’esercizio dell’attività lavorativa, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di formazione ed informazione ai lavoratori e che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di lesione colposa aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche”. “E’ infatti il datore di lavoro che, quale responsabile della sicurezza del lavoro, deve operare un controllo continuo e pressante per imporre che i lavoratori rispettino e sfuggano alla tentazione, sempre presente, di sottrarvisi anche instaurando prassi di lavoro non corrette.”

Secondo la Cassazione, “tali conclusioni si evincono non solo dallo stesso, richiamato dal ricorrente, art. 4 d.lgs. 19.9.1994 n.626 (ora art. 18 d.lgs. 81/08), che non pone a carico del datore di lavoro il solo obbligo di allestire le misure di sicurezza,, ma nache una serie di controlli diretti o per interposta persona, atti a garantirne l’applicazione, ma soprattutto dalla norma generale di cui all’art. 2087 Codice Civile, la quale dispone che “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo le particolarità del lavoro,l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro” (Corte di Cassazione – Quarta Sezione Penale, Sentenza 23 ottobre 2008, n. 39888). Si tratta dell’obbligo della massima sicurezza tecnica, organizzativa e procedurale concretamente attuabile.